mercoledì 15 aprile 2009


...dov'è lo spirito? Quello che chiamerò "casa mia".
E' una lirica di una delle band più sottovalutate degli anni '90, sono i Timoria.
Il brano andò a Sanremo e credo di essere l'unico in Europa ad avercelo nel lettore Mp3.
Si addice terribilmente a quello che mi chiedo ogni giorno, e cioè quale cavolo è casa mia?
La chiassosa, ma ordinata magione di famiglia nell'Europa mediterranea o la fredda e temperata, ma felicemente silenziosa stanza a Goteborg?
E qual'è il posto dove ho veramente voglia di passare il mio tempo?
La provincia è sempre la provincia, noiosa e priva di sbocchi.
Però nella provincia ci sono le persone più fantasiose, enigmatiche e calorose che potessi incontrare. Ci sono gli amici, c'è la band, c'è la Pasquetta, c'è la solita pizzeria, il solito aperitivo: cose delle quali non si può fare a meno.
Goteborg è fatta su misura per me. La grande città che, tuttavia, non ti rompe le palle con i ritmi terrificanti della metropoli.
Il problema rimane sempre quello di essere tutti più o meno di passaggio, per cui una volta finita l'esperienza si torna ad essere soli soletti nella sperduta Scandinavia.
I pochi giorni passati in Italia mi hanno dato tanti spunti, sia in positivo che in negativo.
Passare delle ore così liete come ho fatto con la mia famiglia e le mie tante compagnie, qui è impossibile.
Il rovescio della medaglia sono i milioni di dubbi su un futuro che mi pare sempre più grigio e cupo, una volta tornato a casa.
L'ultima frase è la più banale che abbia mai scritto nella mia esistenza, porca puttana.

venerdì 10 aprile 2009

That's amore

Del rientro in Italia mi è piaciuto

1) Mia nonna che ci ha messo 10 secondi per capire che quello in casa non era mio fratello, ma io
2) Il caldo dell'aria, mai così tiepida in Svezia
3) La torta di riso
4) Il caffè bevuto al bar
5) Le seimila domande dei conoscenti e le seimila che ancora mi faranno
6) Il mio letto
7) Il micio che a tre mesi di distanza mi annusa e si ricorda di me
8) Il bidè
9) Mia mamma che dice "Basta che poi torni in Svezia)
10) Poter dire alla padrona del bar che non ho voglia di lavorare durante le vacanze

Cosa mi ha fatto girare le palline

1) Il traffico della tangenziale est
2) La coda all'ufficio postale
3) L'odore di smog
4) La gente che mi supera mentre sono in coda per pagare
5) La voce del berlusca irradiata dai telegiornali
6) Non sentire la voce meccanica che mi annuncia la fermata di "Almedaaal"
7) Il telefonino che non prende mai
8) Quelli che come prima domanda mi chiedono se fa freddo (lasciatela alla fine, tanto lo sapete che fa freddo)

domenica 5 aprile 2009

Mi piace Goteborgheggiare


Dopo l'ultimo intervento sembra che l'effetto sia cambiato. Ora amo essere un Erasmus, mi piace uscire con i miei amici italiani, parlare di calcio con i turchi e mangiare una pizza coi tedeschi. Il fatto è che devi trovare quelli giusti. O che sembrano quelli giusti.
Mi piacerebbe anche essere un goteborska. Di quelli che tifano IFK e passano le giornate intere a Vasaparken (cosa che peraltro faccio già). Mi piace il sole di questa città, mi piace il fatto che abbiano piantato viole ovunque, mi piace quando la gente si siede sulla riva del Gota Kanal al sabato pomeriggio.
Mi piace lavorare in radio e sparare le peggio stronzate in svedese. Mi piace far sapere che per loro la merenda è la nostra passera (intesa come organo riproduttivo femminile) e la loro t-shirt è la nostra prostituta.
Mi piace lei che sbuca all'angolo della strada e mi aiuta ogni volta che ho bisogno. E mi piace talmente tanto che mi dimentico l'inglese mentre le parlo.
Mi piace il fatto di poter tornare in Italia per qualche giorno ed abbracciare un pò tutti quanti, mangiare i miei piatti preferiti e raccontare meglio le mie avventure e disavventure in questo posto così strano.

domenica 29 marzo 2009

La lontananza gli ha dato alla testa


Quello che non mi piace è essere uno studente Erasmus. O forse lo adoro. Non lo so, è un concetto così lontano da quello che mi aspettavo. Il fatto è che vivo nel migliore dei posti possibili, ma la gente intorno a me sembra non concepirlo. Parto dal presupposto che, almeno dalla mia modesta impressione di malato mentale, in Erasmus ogni rapporto è "protetto" da un velo di plastica, come dire che una volta finita quest'esperienza ognuno torna a casa sua. Magari non sarà così, ma la percezione che ho è questa. Ciò che mi da una punta di fastidio è che mi si ripropongono situazioni che vivevo alcuni anni fa, ad esempio in terza o quarta superiore quando uscivo poco e le poche volte che uscivo non sentivo quella sorta di fratellanza che invece mi accomuna con chi mi sta "vicino" ora (quel "vicino" è virgolettato per pure ragioni geografiche).
La mia reazione a tutto ciò è stranamente opposta a quella che avevo un tempo: se prima mi incazzavo, mi chiudevo in silenzio e se possibile uscivo ancora meno di casa, adesso mi butto sul contrario. Parlo tantissimo, a lezione (peraltro accumulando figuracce di dimensioni epocali), alle feste, a cena. Parlo, parlo, parlo, parlo. Filosofeggio, balbetto, inglesizzo, non mi ricordo come si dice una cosa e allora improvviso. Non mi sopporta nessuno e approfitto di ciò perchè, cazzo, se non mi diverto io perchè vi dovete divertire voi? E poi, porca puttana, chi siete voi per potervi divertire mentre a me girano i coglioni (per nulla, aggiungerei)?
Non voglio generalizzare la situazione, anzi, ho trovato delle persone molto amichevoli e che mi irritano molto meno rispetto ad altre (come accade in qualsiasi circostanza della vita), per cui con queste persone non mi atteggio in tale maniera, sta di fatto che nella mia attuale situazione sociale ci sono dei buchi. Dei buchi enormi. Mi ritrovo a tirare l'ora anche nelle situazioni più estreme, tipo mangiare lentissimamente perchè poi per venti minuti non so cosa fare.
Basta, cazzo, non è possibile che mi ritrovo catapultato dall'altra parte d'Europa, mi trovo pure bene come stile di vita e ambientamento, ma non riesco a sopportare queste relazioni di plastica, o presunte tali (a scanso di equivoci, mi piacerebbe essere smentito, non crediate che sia felice di ciò). Quindi...no, non voglio tornare a casa. Siamo matti? Voglio che veniate voi quassù.

martedì 24 marzo 2009

Sciutvò!


Questa è stata una delle più belle. Inattesa, ristretta (in 20 metri quadri c'erano 20 persone) e popolata. Peccato mancassero gli amici storici, ma c'è da dire che anche qui in Erasmus alle feste non ci si annoia. La cosa bella è che se due persone non si conoscono, approfittano di ciò per fare conoscenza e forse è questo che distingue lo spirito Erasmus da qualsiasi altro "evento".
Tralascerò la descrizione, ma posso dire con certezza che adesso tutto ciò che sto costruendo sta venendo fuori. Lavoricchio in una radio, sto seguendo corsi interessanti e ho conosciuto un mare di persone. Era solo questione di tempo.
Mi mancano tantissimo i miei e gli amici, però so che appena tornerò ne approfitteremo per celebrare una delle grigliate/pizzate più memorabili.
Non fate cucinare me però: quella bella torta di riso che vedete nella foto l'ho fatta io. Fuori sembrava un capolavoro, ma dentro aveva un saporaccio infame.

martedì 17 marzo 2009

Primavera part time


Stavo elucubrando, in uno di quei momenti straordinarimente privi di fantasie sessuali (l'accenno di primavera, intervallato da una scarica di neve, ha fatto brutti scherzi), quale sarà il mio dopo.
Cosa mi lascerà questa città di 500mila abitanti? Cosa mi lascerà il fatto di essere scappato da un'alcolizzata capace di mettermi le mani addosso?
Non sono nemmeno a metà dell'opera, eppure ho già l'impressione che si stia delineando un pò il quadro generale e solo una forte scossa potrà cambiare il tutto.
Saranno quattro mesi non brutti, tutto sommato senza particolari sconvolgimenti. Darò qualche esame, uscirò la sera, mi toglierò qualche piccolo sfizio tipo andare allo stadio o visitare qualche posto remoto, poi prendo un aereo e torno in Italia alla mia vita di sempre. E non ci penso più.
Non era quello che volevo, lo devo ammettere. Sognavo di arrivare qui e cambiare radicalmente il mio atteggiamento, conoscere un miliardo di persone ed essere amico di tutti, avere duemila spasimanti oppure una sola grande e importante, ma per ora ho "solo" delle buone conoscenze (e non so se proseguiranno una volta tornati nella madrepatria) e a volte ho l'impressione di essere solo un sassolino marginale nell'enorme stagno di Olof. Non mi dispiace più di tanto, a casa succede lo stesso, però ci sono quelle persone e quelle abitudini che sono punti di riferimento stabili, cosa che qui non accade.
Spero di non smentire il caro vecchio Joe Strummer quando dice che il futuro non è scritto, perchè l'impressione che ho io, almeno per questi restanti quattro mesi, è un pò diversa.

sabato 14 marzo 2009

Si, questa è la musica...

Sverige, jag alskar dig. Non potevo prenderti in giro, scusa, però ogni tanto mi rendi felice con le tue canzoncine divertenti su scimmie, peti e organi genitali.
Per farmi perdonare vi butto lì alcuni buoni consigli sulla musica di questo meraviglioso paese. Stavolta sul serio.
Hardcore Superstar, proprio da Goteborg, dove vivo io. Let's glam!

Questi sono senza dubbio i miei preferiti e penso di andarli a vedere il 25 aprile sempre qui a Goteborg: i Mando Diao!

Infine i Millencolin, che sto rivalutando mano a mano....

giovedì 12 marzo 2009

Un'ampia panoramica sulla musica svedese

Apro una parentesi musicale dedicata ad alcuni capolavori del pentagono nordico.
Direi di partire con una giovane cantante/ventriloqua che si esibisce assieme alla sua scimmietta. Il duo si chiama Zilla och Totte, credo che Totte sia la scimmia.
Il brano in questione è "Jobba som en apa", tradotto significa "Lavorare come scimmia"

Del medesimo duo è presente anche la bellissima "Ketchup ska prutta", il cui titolo in italiano è pressappoco "Il ketchup fa scorreggiare".
Ecco una versione live

Passiamo poi ad un cantante purtroppo per noi, ora, nell'aldilà. Con la ben poco ambigua (non c'è proprio nulla di ambiguo, è così e basta) "Jag bara runkar" ("Io mi masturbo bene) ecco a voi Eddie Meduza!

martedì 10 marzo 2009

Metteteci il titolo che volete


Mi fa effetto pensare che sto per entrare nel mio ventiduesimo anno di età (o aspetta, ci sono già entrato l'anno scorso e questo è il ventitreesimo? Dannata matematica!) così lontano da casa. Per fortuna quello che ho scritto qualche giorno fa era solo frutto di un momentaneo e passeggero momento morto.
L'Erasmus è fatto di tanti momenti morti, a differenza di quando si è a casa e si ha sempre qualcosa da fare. C'è il bello delle feste, delle cene, degli incontri con gli altri studenti, della "vida loca" (non so come si dica in svedese), però c'è la controparte della nostalgia di casa che ogni tanto prende il sopravvento.
Dopo l'inizio un pò zoppicante, finalmente il mio Erasmus sta prendendo la piega che volevo. Inutile dire che era iniziata benissimo (con il mio tanto vantato record di precocità nell'approccio con la fauna locale), perchè tanto gli sviluppi successivi mi hanno quasi costretto a dover mollare tutto e tornarmene a casa. E' bello pensare che adesso inizia la vera vita di uno studente fuori porta, così bella che magari a luglio (e spero proprio sia così) mi piangerà il cuore all'idea di tornare a casa, dove comunque non mi dispiacerà riabbracciare la vecchia vita di sempre.

sabato 7 marzo 2009

Lamentandoci o no


Si, mi lamento sempre, lo so. L'argomento giornaliero è sicuramente quello che a me sta più a cuore e cioè: l'alcool. La Svezia è tra i paesi più grandi consumatori della Via Lattea di birra e questo fa si che la mia recensione veda estremamente di buon occhio la Pripps Bla (che ruberò dai supermercati, anzi,Systembolaget, per farla recapitare in Italia a qualche impresa malintenzionata) e la Falcon, tuttavia mi preme dire che i vichinghi se la cavano molto male coi vini.
Vini italiani? Si, ma solo quelli cari. Se cercate una bottiglia di Sangiovese o Barolo non particolarmente pregiate..ahahaha, ma dove credevate di essere? In una vineria?
Potrete però trovare senza particolari problemi vini provenienti dal Bhutan piuttosto che dal Kazakistan a prezzi particolarmente irrisori. Ne ho bevuto uno dal Sudafrica, sapeva di chinotto andato a male.
Il Sangue di Giuda (nella foto) è materia organica di colui che tradì Gesù Cristo. Ne più, ne meno.
Però dai, mi lamento di sto posto, ma alla fine mi ci trovo bene. E' la patria dei dolci. Ho fatto letteralmente l'amore con i Semlar (sono delle paste con la crema....eh grazie al cazzo che spiegazione, vorrei vedere voi al mio posto), ma la cosa più buona sono le cosiddette caramelline morbidone. Da noi devi fare un mutuo per comprarne un sacchetto. Qua è quasi gratis. Le trovi ovunque, ti inseguono, ti cercano per strada. I dentisti in Svezia guadagnano un casino (anche in Italia, ma qui di più).

giovedì 5 marzo 2009

S.P.Q.S (sono pazzi questi svedesi)


Due avvenimenti capitati nel giro di pochissimi minuti, aventi come filo conduttore lo sparvagn, meglio noto fra noi non-svedesi come tram.
Alla fermata gotemburghese di Vasa-Victoriagatan (che "gatan" vuol dire "vie"...perchè dev'essere plurale?) un uomo si toglie i pantaloni, li butta nell'immondizia e se ne mette un paio nuovo.
Una ragazza, dal tram che va a Tynnered, lo guarda con gli occhi di un cartone animato.
Lo guardo anche io. Mi dice qualcosa in scandinavo che non capisco, ma presumo possa essere "Cosa guardi, pirla?". Arriva uno che gli dice qualcosa che presumo sia "Allora, come va?" e si mettono a fumare.
Salgo sul mio sparvagn che mi porterà a casa ed assieme a me due giovincelle, dall'età che non riesco ad identificare vista la capacità degli svedesi di confondere l'ufficio anagrafe (ci sono svariati adolescenti che poi in realtà hanno 25 anni e stanghe incredibili sotto i 15), ma che presumo sia attorno ai 18 nostrani. Nelle mie orecchie scorrono penso i Green Day, quando udo un rumore a me familiare. Cos'era, un gemito? Vabbè, riprendiamo l'ascolto. Forse stavo sentendo i Buzzcocks, comunque ancora sto gemito. Vabbè adesso spengo, mi tengo le cuffie. Noto che i passeggeri attorno a me hanno un'espressione che va dal divertito allo scandalizzato. Le due giovini, in fondo al tram, stanno fingendo degli orgasmi. Lo fanno rumorosamente. Tipo "Harry ti presento Sally". Scelgo la parte "divertito", ma anche quella "se su sto tram ci fossimo solo noi 3 ve lo do io..."
Scendono, ho dell'ottimo materiale per l'autoerotismo giornaliero.

nella foto, una COOP NeRA

mercoledì 4 marzo 2009

Perchè fermarsi?


Perchè non continuare a scrivere sul blog? Non me ne frega un cazzo se poi alla fine non legge quasi nessuno, anzi ancora meglio così posso parlare meno cripticamente.
E ancora di più, perchè fermarsi proprio ora, in tutti i sensi?
Sono qui e ormai ci devo restare: tanto vale rimboccarsi le maniche.
Sono stufo di essere il solito Enrico che si lamenta, chiede agli altri cosa fare e poi non combina niente uguale: la prossima volta non chiederò agli altri così faccio prima. No, scherzo, qui al nord conviene darsi una svegliata perchè non c'è nessuno a rifare il letto, a pulire la stanza e dirmi di non bere troppo.
Mancarmi, mi manca tutto. Fortissimamente tutto. Ucciderei per una fetta di torta di riso.
Tuttavia è l'occasione che ho per farmi valere, ai fornelli come in giro, a letto (in ogni accezione possibile del termine) come a scuola.
Non fermiamoci, il nord chiama (sembra uno slogan della Lega, lo so)

domenica 1 marzo 2009

La mia vita blå-vitt


E' quasi un mese che non aggiorno il blog e un pò mi vergogno perchè avevo deciso di renderlo il bollettino ufficiale delle mie avventure e disavventure in Svezia.
Non avevo calcolato che potessero succedermi tante cose in così poco tempo e ne sono stato talmente travolto che ho pensato di non scrivere più qui.
Non lo so se continuerò ad aggiornare queste pagine sintetiche attraverso i cavi dell'Adsl o se mi fermerò oggi, qui.
Sono partito per la Svezia perchè volevo dimostrare a tante persone, ma prima di tutto a me, che ce la posso fare da solo.
Sono arrivato e ho trovato una persona che all'inizio mi sembrava potesse darmi una nuova scossa in questa strana esperienza chiamata Erasmus, invece dopo i primi giorni di delirio, è crollato tutto.
Sono scappato e sono contento di averlo fatto perchè non mi sentivo al sicuro e sono ancora più contento di aver dimostrato di sapermela cavare anche nelle situazioni più difficili, dove a volte i nervi tendono a disfarsi e distruggere quel poco che avevi ben saldo tra le mani.
Quando sono entrato nella mia nuova casa mi sono sentito solo, infinitamente solo. A darmi il benvenuto, fuori dalla finestra, c'era un uccellino, di quelli carini che non ti sporcano il davanzale e magari sono contenti se gli lasci due briciole: appena compro il pane gliene lascerò due-tre.
Ho iniziato a girare per la città, a conoscerne i posti più interessanti e ho anche provato a fare conoscenza con qualcuno. Non so dire se si tratterà di amicizie di lunga data o se è solo un espediente per non annoiarsi troppo, però forse anche la solitudine bene o male se ne sta andando.

sabato 31 gennaio 2009

Nel paese delle meraviglie


Nessuna connessione wi-fi all’aeroporto di Copenaghen, tuttavia la prima metà della giornata clou, è scorsa via con la discrezione di chi sa che manca poco al traguardo e non se la sente di gridare vittoria in anticipo.
Le prime nuvole sulle Alpi sembravano un’immensa distesa di gelato al limone pronta per l’uso. Non mi sarei stupito se, tra le molteplici pubblicità danesi che scorrevano sui minischermi, fosse saltato fuori anche il motivetto “Gran Soleil, il nettare degli dei”.
Il viaggio non è stato in solitaria perché, guarda un po’ le coincidenze, a Malpensa mi siedo per attendere il primo volo e scambio due parole con Oscar, il quale oltretutto è proprio il mio vicino di posto, va in Erasmus ad Aalborg in Danimarca ed è la prima volta che prende l’aereo.
Partenza e volo estremamente morbidi, con le più belle hostess del mondo a servire pasti dal costo al limite della capacità per chi di cognome non fa Murdoch.
Ho sperimentato anche l’esperienza dello Starbucks, che ringrazio vivamente di non essere presente in Italia perché con la mia caffettiera casalinga faccio un cappuccino trenta volte più buono. Unica nota positiva, il Marshmellow caramellato al cioccolato.
A un’ora dal volo siamo in sei ad aspettarlo: oltre a me c’è un giovane, apparentemente nordico, che sonnecchia ed una caravana di anziani, probabilmente reduci della guerra d’indipendenza svedese dalla Danimarca.
La mia prima parola svedese (che poi in danese è la stessa cosa) è stato un “tack” al “doganiere”.
E poi sono arrivato a Uddevalla. Mi ricorda tanto il paese delle meraviglie

venerdì 30 gennaio 2009

It's the final count-down! (taradaddaddaddadà)


Ormai ero già all’aeroporto. Il mio aereo doveva partire in pochi minuti e mentalmente stavo già pensando ai tradizionali (ma a me ignoti) passaggi di rito prima del volo.

Quando mi hanno controllato le scarpe, comprate una settimana prima in un negozio di provincia, ho perfino pensato che qualcuno, ormai alla frutta, per liberarsi di un grosso quantitativo di cocaina avesse potuto nasconderlo in un paio simile al mio, nero con la fodera in grado di contenerne almeno un sacchetto.

“E questa cos’è?” avrebbe detto il doganiere. Che poi la dogana nell’Unione Europea non c’è più, ma non credevo che uno con la faccia come la mia sarebbe passato inosservato.

Alla fine tutto è andato come doveva. Sono arrivate le istruzioni dell’assistente che ci ha spiegato dove sono le uscite di sicurezza, le maschere di ossigeno ed eventuali modalità di evacuazione in caso di pericolo.

Noto che, in questo primo volo diretto a Copenaghen, ci sono moltissime persone scandinave, anzi sono quasi sicuro, almeno nei posti vicini al mio, di essere l’unico italiano.

La hostess è bellissima, tipicamente nordica, infatti con il mio vicino parla in una lingua al limite del comprensibile.

Mi allaccio le cinture, sento che il motore dell’aereo pian piano inizia a rombare e via: l’aereo decolla, mi manca il respiro per una decina di secondi, ma tutto va come deve.

Dopo una mezz’oretta un piccolo scuotimento causa un po’ di panico, ma d’altronde è la prima volta che volo e non mi preoccupo particolarmente.

L’atterraggio a Copenaghen è comodissimo e quando entro nel terminal per quelle tre ore che mi dividono dal secondo volo, questa volta veramente verso Goteborg, mi assale un sonno terrificante.

Mi sveglio e sono nel letto di casa mia, la mamma mi porta il caffè e mi chiede se ho ancora bisogno di qualcosa da comprare prima di partire.

domenica 11 gennaio 2009

Bellini cocktail


Non sarebbe stato possibile partire senza sacrificare qualcosa: io ho sacrificato il sabato sera.

I puristi del week-end avranno qualcosa da eccepire, ma non è la prima volta che decido di sacrificare i miei fine settimana e, almeno questa volta, non me ne sto in panciolle a mangiare pistacchi sul divano.

Una sera, a maggio, sono uscito per comprare delle pizze e mi sono accorto che avevo bisogno di un lavoro. Il caso vuole che prima della pizzeria ci sia un bar, quindi sono entrato e ho chiesto se avevano bisogno di un cameriere.

Sono diventato anche cameriere, sulla base di alcune esperienze decisamente discutibili maturate nel corso delle celeberrime Feste dell’Unità paesane.

Ho così sacrificato i miei sabati sera, dedicandoli alla cura e all’interesse verso clienti di varie età ed estrazioni sociali.

Il mio primo ordine è stato un Bellini. Come voi saprete, il Bellini (che venne inventato da…Bellini? No, da tal Cipriani. Dedicata al Bellini pittore) è composto da pesche (non ne ho mai messa una vera in otto mesi), succo di pesca e prosecchino.

Non mi piace. La mia scoperta è stata lo Spritz. Ci va il prosecco, una bottiglietta di Aperol, un goccio d’acqua e una scorza d’arancio.

Mi sono sempre chiesto come fanno i gestori del bar a ricordarsi quando stanno per finire i cucchiaini di plastica o le riserve del decaffeinato.

Io avrei bisogno di ottocentosedici cartelle di Access. Alla sciùra che gestisce il bar basta un quadernone.

Il tutto smontando il magazzino alla ricerca di un Succo al Mirtillo (per la cronaca avrò ricevuto circa 3 ordinazioni di Succo al Mirtillo in otto mesi; io ne ho bevuti 150).

Questa sera ho lavato (male) la pedana per l’ultima volta, ho bevuto la mia Red Erik, ho preso in giro l’Inter, ho ricevuto la mia buonuscita e mi sono avviato verso l’ignoto nord.

Mancano venti giorni all’aereo.

giovedì 1 gennaio 2009

Incipit

Alle 5 del mattino del 1° gennaio 2008 avevo la testa chinata sul water. Un incipit del genere sarebbe degno di Bukowski (che, giuro, non ho mai letto: non mi piace il suo voler essere sempre e forzatamente borderline) e invece è l'inizio del 2008 di uno studente al terzo anno di scienze politiche.
Presumibilmente migliaia di persone alle cinque del mattino di quel giorno avevano la testa chinata su un water qualsiasi.
A differenza loro, io ero completamente sobrio. Si, per carità, bevo anche io e a volte esagero pure, ma giuro che quella volta mi ero limitato al tradizionale calice di Moscato alla mezzanotte. E' stato il "Capodanno di merda" per eccellenza.
Se il 2008 inizia così, vi lascio immaginare come poteva continuare. Peste, drammi familiari, assassinii. No, per un cazzo.
E' stato noioso, questo si. Purtuttavia mi sono tolto delle belle soddisfazioni, in quello che dal 2000 ad oggi risulta essere il primo anno solare in cui rimango quasi completamente privo di approcci con il genere femminile.
Per farla breve, in ordine prettamente cronologico, a febbraio ho preso 28 di Diritto Costituzionale, a marzo ho fondato un gruppo musicale, a maggio ho iniziato a lavorare come cameriere, in autunno ho suonato per due volte dal vivo, l’altro giorno per Natale ho ricevuto il telefonino nuovo.
Si, ok, c’è di mezzo anche dell’altro, ma ho solo detto le prime cose che mi venivano in mente. Beh, poi c’è la Svezia.
Avevo iniziato l’anno talmente bene che mi era passata la voglia, o come si dice in gergo di noi giovani, “mi era scesa”.
La voglia di che? Un po’ di tutto.
La prima cosa che ho fatto è stata imparare a suonare il basso. A un anno di distanza, posso dire di aver fatto buoni progressi, ma come dicono Bon Scott e Maria Montessori, “It’s a long way to the top if you wanna R&R”.
La seconda è stata mandare una richiesta alla mia università per trascorrere sei mesi in Erasmus a Goteborg.
La terza, dopo essermi accertato di saper suonare almeno i Ramones, è stata tirare su un gruppo. Abbiamo fatto due live e tra qualche giorno iniziamo ad incidere.
Vivo il gruppo con la morbosità di un fidanzato geloso e l’idea di partire, proprio ora che le cose stanno andando, mi smonta.
L’aereo parte il 31 gennaio alle 11:45.