venerdì 30 gennaio 2009

It's the final count-down! (taradaddaddaddadà)


Ormai ero già all’aeroporto. Il mio aereo doveva partire in pochi minuti e mentalmente stavo già pensando ai tradizionali (ma a me ignoti) passaggi di rito prima del volo.

Quando mi hanno controllato le scarpe, comprate una settimana prima in un negozio di provincia, ho perfino pensato che qualcuno, ormai alla frutta, per liberarsi di un grosso quantitativo di cocaina avesse potuto nasconderlo in un paio simile al mio, nero con la fodera in grado di contenerne almeno un sacchetto.

“E questa cos’è?” avrebbe detto il doganiere. Che poi la dogana nell’Unione Europea non c’è più, ma non credevo che uno con la faccia come la mia sarebbe passato inosservato.

Alla fine tutto è andato come doveva. Sono arrivate le istruzioni dell’assistente che ci ha spiegato dove sono le uscite di sicurezza, le maschere di ossigeno ed eventuali modalità di evacuazione in caso di pericolo.

Noto che, in questo primo volo diretto a Copenaghen, ci sono moltissime persone scandinave, anzi sono quasi sicuro, almeno nei posti vicini al mio, di essere l’unico italiano.

La hostess è bellissima, tipicamente nordica, infatti con il mio vicino parla in una lingua al limite del comprensibile.

Mi allaccio le cinture, sento che il motore dell’aereo pian piano inizia a rombare e via: l’aereo decolla, mi manca il respiro per una decina di secondi, ma tutto va come deve.

Dopo una mezz’oretta un piccolo scuotimento causa un po’ di panico, ma d’altronde è la prima volta che volo e non mi preoccupo particolarmente.

L’atterraggio a Copenaghen è comodissimo e quando entro nel terminal per quelle tre ore che mi dividono dal secondo volo, questa volta veramente verso Goteborg, mi assale un sonno terrificante.

Mi sveglio e sono nel letto di casa mia, la mamma mi porta il caffè e mi chiede se ho ancora bisogno di qualcosa da comprare prima di partire.

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