sabato 20 novembre 2010

Un secolo in sei ore.

Meglio scrivere tutto ora, che la Faxe circola tranquillamente in corpo (magari quando passa l'effetto toglierò questa pagina, magari no) e non mi scappa la pipì. Sono andato a Genova per vedere gli Offlaga Disco Pax ed ho incontrato la ragazza con cui sono stato per un anno meno tre giorni. In una città di 500mila abitanti.

Chi mi conosce sa cosa significano per me gli Offlaga: sono le parole con cui avrei voluto esprimere qualcosa che non ho vissuto, perchè sono nato solo nel 1987 e quello che c'è stato prima l'ho sentito raccontare dai genitori, dai nonni, da qualche amico più grande, ma mai con un bel sottofondo ritmato.

Ero vicino alla stazione e sibilavo ostrogoto e mi sono sentito fare "toc toc" sulla spalla. Ogni tanto ripenso a quello che sono diventato e il perchè. Quei 360qualcosa giorni insieme probabilmente significano che nel frattempo si è diventati grandi e bisogna capire che un'ora di treno può essere fin troppo. Significano ricordarsi che si era felici, con le miriadi di barriere architettoniche che i sentimenti incontrano.

Le ho detto della Svezia, del (quasi)lavoro che faccio, delle mie poche conquiste. Lei del suo nuovo lavoro e del suo ragazzo che tifa Genoa e quindi è già uno giusto.

Poi sono passato di fronte allo stadio, ho ascoltato cinque quarti d'ora di racconti ritmati, sono andato a tanto così dal piangere per un concerto (due mesi fa mi maledicevo per aver speso 70 euro ed aver visto i Blink da un chilometro e mezzo), ho salutato il cantante e gli ho detto che ero quello che gli ha dedicato una laurea. Lui che ha dedicato il concerto a Tomas Skuhravy e dopodomani sarà a Padova o Ravenna per una data e io a Lumezzane per una partita di Lega Pro.

Per gente disabituata alle emozioni come me, le 6 ore genovesi ne hanno racchiuse per almeno un secolo.

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