giovedì 23 dicembre 2010

Il mio Babbo Natale ha venduto le renne ad una multinazionale

Non amo il Natale. Sono una persona iperattiva (anche se a giudicare dall'orario in cui tendo a svegliarmi la mattina, non si direbbe), è praticamente impossibile chiedermi di trascorrere in casa due settimane senza scrivere un articolo o arrampicarmi fino al più sperduto paesino della Val Trompia per commentare una partita di calcio.
Mi è venuta voglia di andare in giro a lasciare curriculum, perchè non sia mai che Babbo Natale non abbia voglia di farmi trovare un lavoro un attimino più remunerativo, per cui ho avuto anche molto tempo per poter riflettere da solo mentre guidavo. Il risultato è stato un sonoro mal di testa.
Il 2010 passerà alla storia come l'anno in cui tutto è cambiato perchè nulla cambiasse, per quasicitare Tomasi di Lampedusa (fa sempre un po' figo dire di aver letto i grandi classici), tranne forse il sottoscritto, che si conferma fra i migliori incassatori di colpi bassi di tutto il Basso Piemonte, salvo poi rifilarne a sua volta come solo ad un vero bastardo compete.
Probabile che fra sei o sette anni, quando sarò ancora su quella macchina a farmi una trasfera a San Benedetto del Tronto (speriamo di poter alzare due euro dalla tariffa odierna), mi dirò "E tutto è iniziato sei o sette anni fa!" e mi verrà in mente questo post, che ho scritto dieci giorni dopo l'ultimo intervento perchè nel frattempo ho avuto un pò di cose da fare, nulla di trascendentale comunque.
Di questo Natale, invece, ricorderò il fatto di non aver comprato quasi niente a nessuno (l'anno scorso sono ricorso a mezzi che sotto alcuni aspetti potrebbero essere letti come "sfruttamento della prostituzione") e che non so ancora cosa fare a Capodanno, segno inevitabile che la mia vita sociale in questo periodo ha un discreto bisogno di vitalità.

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